Flauto dolce… e poi?

Se da un lato un coro unanime periodicamente torna a proclamare che occorre “più musica nella scuola”, occorre osservare che ancora poco si è fatto a livello istituzionale per permettere ai nostri alunni un approccio con la musica che vada al di là delle lodevoli iniziative individuali di maestri intraprendenti o istituti particolarmente attenti al valore di questa disciplina.

Sia chiaro: uno strumento non basta e neppure uno spartito (“Il solo possesso del libro non garantisce dei miglioramenti: non vi è niente di magico nella carta stampata” recita la “Garanzia” dei famosi metodi di T.Wye, grande innovatore della didattica musicale).

Questi strumenti di lavoro attendono di incontrare la classe, con la sua eterogeneità, con quella somma infinita di domande, curiosità, aspettative, perplessità, fatiche, dubbi, entusiasmi che da sempre accompagna e sostiene l’apprendere. Sostiene (si!) perchè insieme è più bello, più convincente e remunerativo, più leggero e motivante. E se nulla potrà sostituire nel bambino l’approfondimento individuale fatto di un percorso di approfondimento personale (certamente auspicabile, quale che sia lo strumento che sceglierà, dal violino alla chitarra elettrica), niente lo motiverà e lo ricompenserà quanto i momenti gioiosi e intensi del fare musica nella sua classe, con i suoi compagni.