Perché il flauto dolce a scuola

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Sono ancora troppo pochi in Italia i bambini che incontrano la pratica musicale sui banchi di scuola: è un vero peccato!

La musica è coinvolgente e stimolante, dimostra immediatamente i risultati del tuo impegno e ti ripaga con la soddisfazione di aver dato vita ad una espressione che, per quanto effimera, pervade nel profondo. Insomma i conti tornano subito.

Fra i tanti strumenti che si possono usare nella didattica di base, il flauto dolce riveste un ruolo unico: è uno strumento a fiato (con le difficoltà legate non soltanto alla gestione manuale, ma anche all’emissione per mezzo dell’insufflazione ed alla relativa sincronia dei due gesti); è portatile, robusto, economico e di facile reperibilità; è uno strumento storico (anche se oggi è conosciuto perlopiù come uno strumento didattico dal grande pubblico, occorre sapere che compositori come J.S.Bach e Vivaldi lo hanno largamente utilizzato in importantissime composizioni), un “vero” strumento dunque, studiato dagli specialisti nei Conservatori e capace di una sua espressività.

Tutte queste doti sono poi unite ad una sua peculiarità (un suo “limite” strutturale che viene però ad avere una sua forte valenza didattica): il suo essere quasi privo di dinamica (ciascuna nota ammette solo contenute variazioni della velocità del soffio) impedisce marcate differenziazioni dell’intensità del suono (volume), pertanto una esecuzione di gruppo ben riuscita non potrà che essere l’esito della partecipazione corale, senza che nessuno emerga. In altri termini, l’errore di uno non potrà essere “coperto” dal suono più sicuro di un altro, oppure chi si sente particolarmente sicuro non potrà comunque prevaricare sugli altri imponendosi con un suono più forte, dato che fischi e altri rumori sgradevoli sono sempre in agguato a segnalare chi lavora male…

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